Storia - Aprile 5, 2021
1943… le quattro ore di Mascalucia
Il 3 agosto del 1943 non fu un giorno come un altro per i mascaluciesi. Le truppe tedesche alleate all’esercito italiano incominciarono a requisire, o forse sarebbe meglio dire a saccheggiare, qualsiasi mezzo di trasporto, motociclette, biciclette, carretti e soprattutto muli e asini per agevolare una ritirata che avrebbe portato 40.000 uomini “in continente”. In […]
Di mascaluciadoc@virgilio.it

Il 3 agosto del 1943 non fu un giorno come un altro per i mascaluciesi. Le truppe tedesche alleate all’esercito italiano incominciarono a requisire, o forse sarebbe meglio dire a saccheggiare, qualsiasi mezzo di trasporto, motociclette, biciclette, carretti e soprattutto muli e asini per agevolare una ritirata che avrebbe portato 40.000 uomini “in continente”. In quel caldo mattino di agosto furono tanti gli episodi di insurrezione che si verificarono, ma purtroppo ci furono anche dei caduti, di cui nessuno o quasi conosce la storia e le eroiche azioni, nostri storici concittadini, anche acquisiti, finiti ormai da tempo nel dimenticatoio.
Non c’era comando di soldati italiani a Mascalucia: solo due postazioni del Genio, a guardia di due fari posti uno a nord e l’altro a sud del paese. Avevano in dotazione una moto 500 Gilera. Quella moto, la mattina, era stata requisita da un tedesco a un soldato italiano che vi stava in sella. Ma il tedesco non fece molta strada. Un altro soldato italiano di quelli che si trovavano a Mascalucia Francesco Wagner, partì deciso a riprendersi la moto a tutti i costi. Mentre percorreva a piedi, moschetto in spalla, la via Etnea, la vide ferma accanto al marciapiede con in sella il soldato tedesco. Non ebbe un attimo di esitazione, spianò il moschetto, tolse la sicura e lo puntò sul petto del tedesco il quale non ebbe scelta: o lasciare la moto o beccarsi una pallottola. Pochissimi metri più in là c’era un camion fermo pieno di tedeschi armati. Costoro cominciarono a muoversi. I pochi civili che si trovavano a passare di là si rifugiarono di corsa nel vico Lombardo. Qualcuno gridò loro dal vico: “Fuori le armi!!!”. Sul camion i tedeschi ebbero attimi di titubanza. Il soldato Wagner con gesto fulmineo passò il moschetto sulla sinistra, infilò l’indice sul grilletto, con la destra, prese una bomba a mano (la famosa “Balilla”) e ne afferrò la linguetta con la bocca pronto a tirare. I tedeschi sul camion ammutolirono mentre quello che era seduto sulla moto scese e la consegnò. Così il Wagner, con il suo volto giovane ed il sorriso della speranza salì in sella alla moto e tornò verso la sua postazione, ignaro che la sua fine fosse vicino. In un altra parte del paese, ci fu l’ennesimo tentativo di furto di cavalli e razzia, in contrada Marretti, da due soldati tedeschi della Wehrmacht, che provocò uno scontro con i soldati italiani, poi una autentica rivolta popolare contro i nazisti, da tanti cittadini. Si sparava dai campanili delle chiese, da ogni vicolo uscivano contadini armati di ciò che possedevano. Molti ragazzi collaborarono alla riuscita della rivolta, con l’incoscienza dei loro anni alcune sere precedenti si erano intrufolati nei depositi di armi ed avevano prelevato materiale bellico. Ma l’episodio che fece scatenare un vero e proprio finimondo si svolse intorno alle 14 ed ebbe per teatro villa Amato-Aloisio. La villa si trovava in una contrada sita tra S.Giovanni Galermo e Mascalucia e gli Amato che la usavano per villeggiare, in quell’agosto del ’43, visti i bombardamenti a cui era sottoposta Catania avevano deciso di chiudere anche la loro armeria di proprietà e stabilirsi per qualche mese nella loro casa di campagna. In quel pomeriggio del 3 agosto nella loro proprietà c’erano otto persone tra cui le tre figlie Agata di 25 anni, Cecilia di 22 e Maria di 20. E quando il massaro avvertì che dei soldati tedeschi stavano forzando il cancello d’ingresso l’ottantaduenne Giovanni, fratello del padrone di casa ,si affacciò dal balcone per chiedere spiegazioni ai militari e per risposta ottenne una scarica di mitra che lo uccise all’istante. Disperazione e paura si impadronirono degli abitanti della casa e Vito e Gianni Amato, padre e figlio, insieme a “massaro Alfio”, approfittando delle tante armi trasportate dal negozio alla villa, incominciarono a rispondere al fuoco nemico, mentre le ragazze e la loro madre prestavano inutilmente soccorso allo zio Giovanni. Attirati dai rumori della sparatoria accorsero alcuni soldati italiani di passaggio, dei vigli del fuoco e anche dei vicini di casa. Visto che la situazione volgeva al peggio per loro, i tedeschi fuggirono e di loro non si seppe più nulla. La notizia dell’assassinio dell’anziano Giovanni Amato si sparse nel paese nel giro di qualche minuto. Gli Amato misero a disposizione di parenti e amici il loro arsenale privato e altre armi furono messe a disposizione dai militari italiani in transito. L’indignazione dei mascaluciesi ormai era al limite della sopportazione e molti di loro insieme a catanesi sfollati, armati gli uni e gli altri, si unirono ai soldati ed ai vigli del fuoco. Dappertutto si iniziò a sparare contro ogni tedesco che si vedeva in giro. Intorno alle 15 si udì nella parte bassa di via Roma lo sferragliare di un carro armato tedesco con due soldati a bordo. La fede popolare, che ha affidato il paese sotto la protezione di San Vito, ricorda che un branco di cani randagi fece da salvaguardia contro i soldati tedeschi. Il mezzo fu subito bersaglio di centinaia di proiettili che uccisero uno dei due militari e provocarono la fuga dell’altro. Il carro armato divenne preda dei cittadini che lo svuotarono di tutto in pochissimo tempo. Centinaia di mascaluciesi armati sparavano dai balconi e dalle finestre e un altro tedesco dopo essere stato ferito morì al pronto soccorso di via Carbonaro. In un’altra parte del paese il geniere Francesco Wagner, a soli 22 anni, moriva per mano di un prigioniero tedesco che era riuscito a nascondere una pistola al momento della sua cattura. Francesco Wagner non fu l’unico militare italiano ucciso quel giorno. Ad accompagnarlo nel suo tragico destino fu Giuseppe La Marra detto “il napoletano”, che nel tentativo di impedire lo stupro di una giovane donna, fu ferito a morte da un ignobile militare tedesco. Alle 17 di quell’interminabile giorno altri scontri si verificarono nella piazza principale del paese e la situazione era ormai sfuggita di mano a tutti. La sequenza di scontri e di vittime stava diventando inarrestabile, ma il comandante dei vigili del fuoco militarizzati ebbe l’idea di costringere un ufficiale italiano e un ufficiale tedesco a salire sulla stessa auto e percorrere le vie del paese con una bandiera bianca attaccata ad una baionetta. Il messaggio arrivò a segno. La calma sembrava ristabilita, ma intorno alle 21, un panzer tedesco attraversa tutta la cittadina per fermarsi davanti alla caserma dei carabinieri. L’ufficiale che ne discese, ignorando gli accordi precedentemente sanciti, chiese i nomi di cento cittadini da prendere in ostaggio. Agli italiani presenti a questo colloquio non rimase altro che aggredire e disarmare l’ufficiale tedesco e invitarlo a desistere da tale intenzione per evitare ulteriori violenze. Principale artefice di questa necessaria aggressione fu il vigile del fuoco Tommaso Nicolosi coadiuvato dal suo comandante Zankò e dal comandante Gringieri. Era presente anche il podestà del tempo Francesco Consoli. L’ufficiale tedesco abbandonò di gran carriera con il suo carro armato, prima la caserma e poi il paese. La notte passò tranquilla e alle luci dell’alba del 4 agosto del 1943, Mascalucia si svegliò orgogliosamente libera.
Gli abitanti di Mascalucia sono sempre stati forti, temerari, ricchi di amor patrio. L’eroismo dei giovani del 1943, diede una forte carica agli altri cittadini. Il coraggio di affrontare il nemico che li stava privando dei beni di prima necessità ed il non rispetto per le loro donne, indusse i cittadini a ribellarsi. Anche se ormai questi fatti sono la cronaca di un tempo passato, non dobbiamo permettere che vengano dimenticati, in quanto di importantissimo valore storico per la nostra cittadina, per questo il 17 agosto del 2007, davanti il Palazzo di Città, una lapide è stata inaugurata per commemorare la resistenza dei coraggiosi abitanti di Mascalucia ai nazisti.
– I fatti narrati sono frutto di accurate ricerche sulla rete, basate principalmente sull’importante contributo dato da Nicola Musumarra con il libro “La resistenza italiana in Sicilia. I martiri e gli eroi di Mascalucia e Pedara”. –


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