Studi e ricerche - Agosto 5, 2017
Emblema di Mascalucia
In un documento, conservato nell’Archivio storico di Mascalucia, datato 11 maggio o1813 del Consesso Civico, si è trovata la dicitura del nostro emblema: “(…) per fine della detta sessione, si trattò sul modo di come conservassi il Sugello che vi ha stabilito il Civico Consiglio, il quale Sugello rilieva in fondo l’Etna fumante, in seconda […]
Di Giulio Pappa

In un documento, conservato nell’Archivio storico di Mascalucia, datato 11 maggio o1813 del Consesso Civico, si è trovata la dicitura del nostro emblema: “(…) per fine della detta sessione, si trattò sul modo di come conservassi il Sugello che vi ha stabilito il Civico Consiglio, il quale Sugello rilieva in fondo l’Etna fumante, in seconda distanza un vulcano ardente da cui inonda una lava che scende alla prima distanza, sulla quale lava si alza una fenice, e da un altro lato una torre coll’iscrizione all’intorno = Comune di Mascalucia = Emplema di questo comune, il quale giace alle falde di un tal monte, cinto di lave vulcaniche dalle quali è stato più volte bruciato e sepolto e indi riedificato, contrada in cui furono gli antichi Umbrii, dei quali ne porta ancora il nome una parte del territorio, dove sussiste fin oggi un residuo di una demolita Torre, ed ha il Consiglio di unanime voto deliberato, e costituito che si formi una cassa lunga un palmo e otto once, larga un palmo ed once… e profonda, con quattro chiavi dentro cui si conserva il Sugello. La cassa dovrà tenersi dal Capitano di Giustizia pro-tempore, il quale conserverà una chiave; le altre tre chiavi saranno tenute da altri tre membri che pro-tempore eligerà il Civico Consiglio ed è per ora eletto per Conservadori di dette chiavi il Sacerdote Vicario don Vito Maria Somma, don Lorenzo Reyna, notaio don Alfio Marletta; la quale chiave della suddetta cassa dovrà portarsi in Consiglio ogni qual volta si congregherà (…)”.
Questo documento mette in discussione l’attuale Emblema, infatti, il Grifone, rappresentato oggi, doveva essere una bellissima Fenice. Volatile prescelto dagli Amministratori Comunali del 1813, poiché la Fenice è un uccello leggendario, risalente ai tempi degli antichi egizi. Leggenda ripresa dal popolo greco ed infine dai romani: la Fenice era un uccello sacro ed il suo culto era legato al dio sole, era descritto come un uccello dalla coda e dal becco lungo e da cranio schiacciato. Rappresentava la vita oltre la morte; infatti, per gli antichi egizi, questo uccello nidificava in un albero dell’Arabia dalle foglie aromatiche e vi restava per tutta la vita. Alla sua morte, dalle sue ceneri sarebbe nata un’altra Fenice.
Quindi l’Emblema o Sugello originariamente aveva raffigurata una Fenice e non un Grifone, come oggi. Dalla scelta del volatile si può capire la cultura e la mentalità che aleggiava a Mascalucia nell’Ottocento, nell’antica Terra di Santa Lucia di Catania. Gli Amministratori erano di ceto socialmente medio-alto e dotati di profonda cultura; basti pensare che avevano scelto la Fenice, che rinasceva dalle sue ceneri, come Mascalucia risorgeva ogni qualvolta le colate laviche la distruggevano. Erano persone attente e coscienziose, lo dimostra il fatto che l’Emblema era custodito gelosamente in una cassa con quattro chiavi, custodite dalle massime autorità civili e religiose. Oltre la fenice, troviamo l’Etna fumante, sullo sfondo ed una colata lavica che prorompente scende; il vulcano è stato inserito, poiché Mascalucia sorge sulle sue falde ed è sempre stata ricostruita, ovvero è sempre risorta dalle sue ceneri con la mitica Fenice. Inoltre nell’Emblema è raffigurata una Torre, si tratta dei ruderi dell’Antico insediamento degli Umbri, vetusto popolo che vi abitò in quella contrada. Sicuramente è una testimonianza storica che rivela le origini antiche della cittadina, affermando che essa discende dagli Umbri. Non solo, questo rileva che l’odierna contrada Ombra apparteneva già nel 1813 al territorio di Mascalucia e non a Massa Annunziata. Infine da questo documento è possibile vedere il contesto storico del 1813, dove da un lato vediamo gli amministratori colti e scrupolosi e dall’altro una popolazione che godeva di benessere e di una buona cultura.
di Daniele Arlotta.
Estratto da:
SAPIENZA MARIA GRAZIA, BRUNO VITO, MASCALUCIA TRADIZIONI, CULTURA E “COMU U SANNU SENTIRI A CHISTU?” CATANIA, 2006.
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