Storia - Gennaio 8, 2022

IL DRAMMA DEL COLERA DEL 1887 A CATANIA

“Historia magistra vitae” la storia maestra di vita, una massima piena di significato di cui l’uomo dovrebbe trarre giovamento per evitare di ricadere nello stesso errore, ma ci ritroviamo ancora oggi in piena pandemia nel XXI secolo a commettere gli stessi errori nel gestire le misure di prevenzione. Oggi come ieri le misure di prevenzione […]
Di mascaluciadoc@virgilio.it

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“Historia magistra vitae” la storia maestra di vita, una massima piena di significato di cui l’uomo dovrebbe trarre giovamento per evitare di ricadere nello stesso errore, ma ci ritroviamo ancora oggi in piena pandemia nel XXI secolo a commettere gli stessi errori nel gestire le misure di prevenzione.

Oggi come ieri le misure di prevenzione vengono prese a cuor leggero magari per sdrammatizzare il pericolo incombente che, però rischia di far abbassare la guardia alle autorità sanitarie con grave pericolo per la salute dei cittadini. Ed è ciò che accadde nel lontano 1887 a Catania.

Ai primi di marzo del 1887 si annunziava la notizia che la città era in preda ad una epidemia del colera. Le cause, oltre ai fattori naturali, erano da attribuire soprattutto alla carenza di igiene ed all’inquinamento delle falde acquifere.

La giunta comunale costituita dalla maggioranza dal gruppo monarchico, sentito il parere del Consiglio sanitario presieduto dal prof. Salvatore Tomaselli, indiceva la chiusura immediata dei pozzi d’acqua sparsi nella città perché le acque risultavano inquinate e tra queste quelle di Carcaci ritenute impure.

Si procedeva allo stesso tempo all’installazione delle tubazioni e l’impianto di circa centotrenta fontanelle d’acqua dislocate nei vari rioni per uso pubblico provenienti dalla fonte della Reitana del marchese di Casalotto chiudendo gradualmente i pozzi della città.

Tuttavia, la politica concentrava le forze economiche per inaugurare il teatro massimo Bellini e dar seguito alle feste belliniane per rilanciare l’economia trascurando che tutto ciò avrebbe diffuso il contagio tra la popolazione.

Fig.1 Giuseppe De Felice Giuffrida

Fu il De Felice (fig.1) che durante un’agitatissima seduta di consiglio comunale, si opponeva all’apertura del Teatro e le relative feste belliniane per evitare pericoli di contagio negli assembramenti scatenando così nei suoi riguardi una campagna denigratoria (fig.2-3) che il giornale di allora, sostenendo le proteste dei dipendenti del teatro e dei commercianti (storia di oggi) avviava contro il De Felice accusandolo di diffondere inutilmente il panico tra i suoi cittadini.

Fig.3 Campagna denigratoria contro il De Felice

Fig.4 Campagna denigratoria contro il De Felice

Le notizie nei giornali venivano scarsamente diffuse, il Corriere di Catania (fig.4) riportava: “c’è effettivamente in corso una epidemia, ma attenti, dichiara ufficialmente l’autorità sanitaria della città, non di colera perché epidemia di colera in oggi non ce n’è stata e non ce n’è”. Ma dal 10 marzo la città subiva le misure di quarantena prese dalle altre province e dai paesi limitrofi e treni, navi provviste non arrivavano più. Strade deserte, botteghe chiuse. Iniziava il calvario dei poveri catanesi dove molti subirono ristrettezze economiche tanto che ancora oggi esiste il detto “Mancu all’uttantasetti, nt’o qualera, quannu m’arridducii senza cammisa!”  (N. Martoglio – La criata sparrittera – Centona).

Figura 4 La Gazzetta di Catania del 23 Aprile 1886

Il Comune di Catania iniziò allora una campagna di soccorso pubblico allestendo ricoveri per colerosi e sussidi ai familiari delle vittime. Il dottor Ughetti in quella occasione pubblicò a cura del municipio di Catania istruzioni contro il colera (fig.5).

Fig.5 Istruzioni contro il colera di G.B.Ughetti

Anche il cardinale Dusmet cercò di alleviare le sofferenze della cittadinanza introducendo un servizio di assistenza per poveri abbandonati e donne inferme.

Si trovò senza denaro tanto che dovette vendere la croce d’oro pettorale quella stessa che durante l’epidemia del 1867 aveva dato in pegno al marchese di Casalotto riscattata poi dai catanesi ma stavolta la vendette di nascosto. Rimase con al petto una piccola croce di rame che ancora oggi adorna il simulacro di S. Agata.

In estate le notizie del numero delle vittime di colera iniziavano a diffondersi: 11 luglio 19 morti, 14 luglio 21 morti, 15 luglio 22 morti 20 luglio 25 morti. In cinque mesi la popolazione fu decimata.

Su 100.108 abitanti i casi di colera furono 722 di cui 666 morti. La gazzetta ufficiale del Regno d’Italia n.291 del 1889 (fig.6) riporta: “le prove di abnegazione e di coraggio in così tristi contingenze ebbero campo di estri carsi solo in circa 372 comuni appartenenti a 18 province diverse dove si verificarono in totale 12372 casi di colera con 6578 morti”  

Fig.6 La gazzetta ufficiale del Regno d’Italia n.291 del 1889

Furono premiate in tutta Italia persone con 872 attestati di benemerenza e 632 medaglie per essersi resi utili alla salute pubblica. Borghesi, funzionari, sacerdoti, donne, sanitari, guardie, studenti.

Tantissimi i catanesi  il barone Pietro Aprile di Cimia presidente dell’associazione Croce Bianca, monsignor Antonino Caff, il cardinale Dusmet, il De Felice, Finocchiaro Aprile, Maria Desbordes suora della Carità, prof. Mario Licciardello medico chirurgo, i commercianti Francesco e Michele Pastore, cav. Benedetto Amato, gli studenti in medicina Cosenza Michele, Francesco Migneco, Pietro Scaldara, Lucilla Albanese levatrice, il cav. Placido Spadaro Grassi chimico farmacista titolare dello stabilimento farmaceutico sito in Via Garibaldi 26 e tantissimi altri.

In cinque mesi circa 666 morti ma finalmente col finire dell’estate, l’epidemia cominciò a scemare. Catania riprendeva a vivere con il suo cafè chantant, le polemiche dei consiglieri al palazzo degli Elefanti, i balli delle famiglie patrizie. Del colera rimaneva solo un ricordo “Mancu all’uttantasetti, nt’o qualera, quannu m’arridducii senza cammisa!”  

Fonti:

G. Merode V.Pavone -Catania nella storia contemporanea – Edizioni Greco 1975

C. Catanzaro – il colera del 1887 – Catania Sera 1987

Gazzetta Ufficiale Regno d’Italia del 1889 n.291

Giornale Gazzetta di Catania 1887

GIUSEPPE ALARIO SPADARO

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