Storia - Novembre 22, 2021
La Rivoluzione Siciliana a Catania: I moti del 1848-1849
Scoppiata la rivoluzione a Palermo il 12 di gennaio del 1848, Catania fu tra le principali città dell’Isola, seguita da alcuni paesi circostanti come Mascalucia, Aci e Viagrande a sollevarsi contro i Borbone iniziando a far prigionieri dell’esercito regio che si erano rifugiati presso il collegio Cutelli, disarmando quelli del Carcere come anche i gendarmi […]
Di mascaluciadoc@virgilio.it

Scoppiata la rivoluzione a Palermo il 12 di gennaio del 1848, Catania fu tra le principali città dell’Isola, seguita da alcuni paesi circostanti come Mascalucia, Aci e Viagrande a sollevarsi contro i Borbone iniziando a far prigionieri dell’esercito regio che si erano rifugiati presso il collegio Cutelli, disarmando quelli del Carcere come anche i gendarmi del quartiere, assediando gli altri che si erano richiusi nel Castello Ursino e uccidendo con spietata ferocia.
Lo si può apprendere da “I giorni Passati” pubblicato postumo dalla famiglia di Calcedonio Reina (1841-1911) uno dei più cupi pittori dell’Ottocento etneo, amico di Mario Rapisardi e figlio di Euplio Reina (1808-1877), preside della facoltà di medicina dell’Università di Catania che fu direttamente coinvolto.
“La rivoluzione infieriva ogni giorno: tutta la città era insorta. Sbucavano turbe dai rioni più poveri, precedute da bandiere tricolori, feroci e risolute all’assalto delle caserme, dove stavano rinchiuse le truppe napolitane di Ferdinando, come allora si diceva, maledicendolo.
Succedevano improvvisi sgomenti e nuovi tumulti di ardimenti e di audacie.
Un giorno vidi avanzare, preceduta da monelli in tripudio, una immensa fiumana di popolo.
Due uomini a cavallo, calmi e solenni tra quell’onda tempestosa, portavano infisse in una lunga asta due mani recise che a me parvero come guanti di colore paglino; ed una testa umana, come di cera sporca, i capelli incollati alle tempie, ed un mozzicone di sigaro in bocca.
Attorno era maggiore la ressa; la gente dei palazzi apriva e chiudeva rapidamente i balconi. Nel vocio udivasi un nome pronunziato con scherno < U zu Ntoni! U zu Ntoni! U sbirrazzu!> mia madre guardò anch’essa e inorridita mi tirò dentro e chiuse le imposte. Scene di crudele vendetta e di grande perdono accaddero.
Ora penso che la plebe è stata e sarà sempre la stessa in quella immane e ineluttabile tragicommedia, che chiamasi: Rivoluzione.”
La rivoluzione Siciliana portò alla proclamazione di un “Nuovo Regno di Sicilia” indipendente che durò fino a maggio del 1849.
Durante quel periodo il Regno aveva bisogno di reclutare uomini per difendere la “Riconquista” borbonica. Interessante la lettera (fig.1 e fig.2) che ho trovato del Ministero dell’Interno e Sicurezza Pubblica indirizzata al Presidente del Municipio di Caltanissetta datata Palermo 11 gennaio 1849 dove si metteva in evidenza che il Parlamento Siciliano ordinava una “reclutazione di tre individui sopra mille e affidava ai Magistrati municipali, ai Consigli civici d’ogni comune la esecuzione del decreto –


Nulla di troppo si chiedeva, che in altri paesi e in simili circostanze sono stati chiamati sotto le armi tutti gli individui abili a portarle; ed il nemico si arma a tutta possa nella folle lusinga di distruggere le nostre città massacrare i nostri figli, le nostre donne”.
Catania capitolò nell’aprile del 1849. La mattina del 5 aprile apparivano nel mare di Catania dodici vapori napolitani, che avvicinandosi lentamente prendevano posizione di fronte alla città, incominciando a trarre furiosamente sui nostri forti; i quali non tralasciarono di rispondere con altrettanto valore, sicchè ne danneggiarono due.
Or mentre la flotta nemica fulminava i nostri forti, quasi a volere riconcentrare in un sol punto l’attenzione, un carrettiere che scendeva dalla strada del Bosco annunziò, che il generale Satriano, forte di sedicimila uomini, si avvicinava a Catania.
(tratto da Storia del 5° battaglione Catanese di Salvatore Mirone di Viagrande fig.3)

Salvatore Mirone
Il Giornale in mio possesso (fig.4) della Costituzione del Regno delle due Sicilie del 13 aprile 1849 ne pubblicava la notizia evidenziandone i fatti.

Trascriveva persino l’elenco dei Comuni (fig.5) che avevano presentato la sottomissione e quelle raccolte personalmente dal generale Satriano durante la marcia. (Noto, Pedara, Gravina, S.Giovanni La Punta, Aci Bonaccorsi, Zafferana Etnea, Trecastagni, Misterbianco, Motta S. Anastasia, S. Giovanni Galermo, Nicolosi, Belpasso, Viagrande, S. Pietro Clarenza e Carlentini).

Anche Acireale il 9 aprile del 1849 presentava lettera di sottomissione a firma di Santoro Grassi Calanna Amico sindaco di Aci Reale.
Il 15 maggio del 1849 finiva così il sogno siciliano di indipendenza quel sogno di un nuovo Regno di Sicilia, un sogno però non del tutto sopito perché infatti dopo 11 anni la Sicilia si sollevò stavolta con l’aiuto dei Savoia che avevano alle spalle la “gloriosa” Inghilterra.
A “bedda Sicilia” riuscì a liberarsi dal Regno delle due Sicilie pensando di aver ottenuto l’indipendenza, ma cadde in mano ad un Regno ancor peggiore di quello dei Borbone, quello dei Savoia ma questa è un’altra storia (La questione meridionale).
Articolista : GIUSEPPE ALARIO SPADARO
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