Foto storiche - Luglio 14, 2023
Nuccio, il ciabattino dal cuore grande.
Un giorno, prima di partire per Rimini, mi sono seduta e ho guardato tutte le mie scarpe. Per chi mi conosce, le mie scarpe hanno in media tra i 7 e i 5 anni; poi ci sono gli stivali, che invece superano i dieci anni. Non ricordo alla perfezione tutto ciò che ho fatto con […]
Di Regina Betti

Un giorno, prima di partire per Rimini, mi sono seduta e ho guardato tutte le mie scarpe. Per chi mi conosce, le mie scarpe hanno in media tra i 7 e i 5 anni; poi ci sono gli stivali, che invece superano i dieci anni. Non ricordo alla perfezione tutto ciò che ho fatto con ogni paio di loro, ma ci ho camminato molto. Ho fatto cose che volevo fare e altre che non avrei mai pensato di fare. Hanno visto città, hanno conosciuto persone. Hanno beccato tanta pioggia e tanto sole.
Nizzari era uno che di scarpe nella sua vita ne aveva visto davvero tante, una volta glielo chiesi. “Forse un miliardo”, mi disse ridendo. La sua bottega con gli anni è cambiata poco. A sinistra c’era la sua banchitta, con una parete piena di ricordi e cose che gli erano piaciute. Si scorgevano cartoline, foto di scuola, numeri di telefono, qualche acquerello preso dal calendario dei carabinieri, lame tonde, utensili da lavoro e buste con scarpe. Di fronte, una sala di attesa improvvisata per gli amici che lo tenevano con la bocca sempre accesa.

Una volta, quando andavo ancora al ginnasio, mi sono intrufolata nella sua bottega. Ero pallida, non volevo dire addio a quegli stivali. Salutai, uscì un paio di stivali dal mio zaino e glieli feci vedere. Li avevo nascosti tra un versionario e un dizionario, per paura che i miei compagni potessero prendermi in giro. Il tacco di entrambi era andato, gli chiesi se si potevano riparare. Lui mi consigliò di ripassare tra due giorni. “Ma li può riparare?”. “Fra du ionna si ni para”. Alla seconda volta capì che il suo tra due giorni era un sì. “Però c’ha mettiri a sola bona, iu aia camminari”. Lui si mise a ridere.
Camminare è sempre stato molto importante per me, perché mentre tutti gli altri bambini a due anni correvano come razzi io gattonavo su quelle che sarebbero diventate le mie rotule ipermobili. Sulle cose primarie ci sono arrivata sempre dopo. Ho imparato a correre all’asilo. Emisfero destro e sinistro non erano molto collaborativi tra di loro e nei movimenti ero abbastanza negata, anche se col tempo sono riuscita a mascherare bene questo problema.
Buttare un paio di scarpe per me è un lutto, come se cancellassi gran parte della mia storia in piedi. Ecco perché ne ho tante e la maggior parte sono scarpe datate.
Nizzari quando vedeva le mie scarpe mi diceva “Chissi non su scappi”, perché non sarebbero durate una vita quanto si leggeva nei miei occhi. “I scappi boni ne fanu chiui”. E aveva tanta ragione.

Durante l’inverno del 2018 notai il suo cartellone fatto a mano in cui aveva scritto che dopo una vita andava in pensione e che chiudeva bottega. Mi fermai. Vidi che ci stava il termometro della Kodak, che glielo aveva dato il fotografo che stava al piano di sopra prima di chiudere.
“Nizzari, ma a lei ci pari u casu di iri in pensione?”
“Sugnu stancu, ora m’aia a godiri a me famigghia. Vulissi stari tutta a iunnata che me niputi sutta i me razzi”
“Il termometro che fine farà?”
“U voi?”
“Iu ciu pavu, mi sparassi na cifra e cia dugnu”
“Tu savvu, appena chiudu tu veni a pigghiari, senza soddi però”.
Ho insistito tante volte, gli ho fatto diverse proposte eque, ma lui non ha mai voluto niente in cambio per quel termometro che adesso sta davanti i miei occhi nel mio studio.

Signor Nizzari, che dirle, che lei va via per sempre stavolta, che certi incontri si custodiscono come le scarpe di Mastro Misciu, che la domenica si prendono in mano, si lustrano, si provano. E che la suola dei tacchi degli stivali era veramente buona, perché da quella volta ancora non l’ho cambiata. Buona camminata!
Maria Regina Betti
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