Storia - Settembre 24, 2017
Quel lontano 3 agosto del 1943: i segni dell’insurrezione.
Sono ormai trascorsi ben 74 anni da quel tragico evento, nessuno parla mai di questo episodio, nessuno desidera rievocare quei momenti, addirittura buona parte dei cittadini neanche è a conoscenza di quanto accadde a Mascalucia durante la Seconda Guerra Mondiale; tuttavia una piccola lapide posta sul muro della facciata della Chiesa Madre è testimone tangibile […]
Di Giulio Pappa

Sono ormai trascorsi ben 74 anni da quel tragico evento, nessuno parla mai di questo episodio, nessuno desidera rievocare quei momenti, addirittura buona parte dei cittadini neanche è a conoscenza di quanto accadde a Mascalucia durante la Seconda Guerra Mondiale; tuttavia una piccola lapide posta sul muro della facciata della Chiesa Madre è testimone tangibile di quegli eventi.
Diversi testimoni, molti dei quali ormai defunti, hanno in passato tentato di ricostruire quelle tragiche ore, quattro per l’esattezza. Non ripercorreremo cronologicamente quei momenti, dei quali comunque è possibile leggere una discreta bibliografia, ma si tenterà di ricostruire la prima fase dell’insurrezione, ovvero ci si concentrerà in uno di quei luoghi in cui ebbero inizio le fatidiche “4 ore di Mascalucia”: Contrada Porto Marretti.
In questa località, ancora oggi non del tutto urbanizzata, esistono ancora i segni di questo cruento evento.
Esattamente alle spalle della “Scuola Media Statale L. Da Vinci”, le scuole gialle per intenderci, sorge, seppur ampiamente rimodernata, Villa Amato.
Questa abitazione (foto 1) è stata la prima testimone della sommossa paesana. Qui durante un tentativo di rapina dei Tedeschi in ritirata strategica verso lo stretto, uccisero il capofamiglia degli Amato, il quale aveva semplicemente chiesto loro cosa stessero facendo. Da questo momento la battaglia si estese nella campagna circostante e poi in tutto il paese.
Testimone di quel tragico evento sono alcuni segni di arma da fuoco osservabili nell’edificio prospiciente alla Villa Amato. I tedeschi provenienti dalla Piana di Catania o da Belpasso (foto 2), prima di avventurarsi verso casa degli Amato, avevano probabilmente imboccato da Via Roma (qui esiste tutt’oggi una postazione anti aerea), Via Quattro Altarelli, per proseguire successivamente verso Via Crocifisso Maretti, dove sorge l’omonima Chiesa; il loro obiettivo era quello di raggiungere quanto prima la linea dell’Etna, attestata intorno a Nicolosi-Pedara e poi la strada litoranea in direzione Messina. Durante questa traversata i tedeschi avevano tentato di rubare i cavalli della famiglia Bonaccorso, i quali avevano una stalla in c.da Maretti, ma i militari dovettero desistere a causa della minaccia da parte dei proprietari di rispondere al sopruso con le armi.
La famiglia Bonaccorso, impaurita dalla minaccia di veder sottratto il bestiame, attraversarono un terreno contiguo a quello degli Amato per portare in salvo i propri beni.
I tedeschi a questo punto notarono che anche la famiglia degli Amato possedeva dei cavalli, pertanto proseguirono su Via Santissimo Crocifisso e provarono a forzare il cancello del terreno dinnanzi alla residenza degli Amato. Per l’esattezza quest’ultimo terreno è tutt’oggi esistente e si può osservare il rudere di un vecchio palmento con la vicina “piramide” di pietra, la cui struttura è tipica del territorio di Mascalucia.
È proprio su uno degli stipiti della finestra del palmento che si osserva un foro di proiettile ed altri sono ancora evidenti sull’anta metallica di sinistra (foto 4-5). Questi colpi di arma provengono dalla villa degli Amato, dove i suoi proprietari, dopo aver visto perire il proprio capofamiglia, risposero con una grandinata di fuoco (gli Amato erano una famiglia di armieri di Catania sfollati a Mascalucia), uccidendo alcuni tedeschi.
La notizia della sparatoria e della morte del Sig. Amato fece subito il giro del paese ed alcuni vicini di casa degli Amato iniziarono a sparare dall’altra parte di Via Santissimo Crocifisso. Coloro che sparavano erano probabilmente gli stessi Bonaccorso, che poco tempo prima con la minaccia delle armi avevano fatto desistere i tedeschi. Quest’ultimi in ritirata verso Via Roma, o dispersi per le campagne, iniziarono un ulteriore conflitto a fuoco, i cui segni sono ancora oggi tangibili lungo la facciata della Chiesa del Santissimo Crocifisso (foto 6-7).
Su questa parete è possibile osservare molteplici fori ravvicinati di arma da fuoco (foto 8-9), le cui ogive sono state in parte estratte per ricavarne dei dati. La prima ogiva a sinistra è relativa ad un proiettile per fucile tedesco Mauser (7,92×57 mm); la seconda e la terza, invece, sono da ricondurre alla pistola 45 Colt oppure al fucile mitragliatore Thompson (11,43×22 mm), entrambe di produzione americana.
Le risposte ai nostri dubbi sono in questo caso due. La prima è che si tratta di materiale di preda bellica, probabilmente recuperato qualche mese prima durante la campagna d’africa; la seconda, invece, andrebbe ad avvalorare le ipotesi che a Mascalucia girassero armi di produzione inglese o americana introdotte attraverso il mercato nero.
Tornando alla facciata della Chiesa, tra le informazioni ricavabili da questa scoperta possiamo aggiungere che dai fori è possibile anche stabilire la direzione di provenienza del fuoco; infatti, alcuni degli spari sembrano provenire dall’antistante Via Crocifisso Maretti.
Nella stessa facciata della chiesa, infine, precisamente su uno dei blocchi in pietra lavica su cui è incisa la data dell’anno 1619, si nota un grosso foro da scheggia, quasi sicuramente riconducibile ad una bomba a mano esplosa nelle vicinanze (sappiamo che durante la guerriglia urbana entrambe le fazioni usarono delle granate).
In conclusione grazie a questi dati, oggi siamo in grado di aggiungere un ulteriore tassello che ci consente di ricostruire uno dei momenti più tragici avvenuti nel territorio di Mascalucia.
Pertanto, per chiunque voglia avventurarsi fra le viuzze del paese per osservare questo tangibile segno di quel tragico evento del lontano 3 Agosto del 1943, può facilmente recarsi presso la Chiesa del Crocifisso ed ammirare questi fori sul recente, quanto sgradevole, tempera giallo che è stato steso sulla facciata della chiesetta.
di Alberto D’Agata
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