Storie di Mascalucia - Gennaio 27, 2017

Storie di Mascalucia :”Tarisinu…e company”

La storia “dolciaria” della Mascalucia di qualche tempo fa, prima dell’avvento dei grandi bar commerciali odierni, era affidata a 3, massimo 4 bottegai tutti con ubicazione Via Etnea. Se ben ricordate, procedendo su Via Etnea, all’altezza di Vico Lombardo, c’era il bar Torrisi. Diciamocela francamente, come bar non era stato mai un granché in quanto […]
Di Giuseppe Reina

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La storia “dolciaria” della Mascalucia di qualche tempo fa, prima dell’avvento dei grandi bar commerciali odierni, era affidata a 3, massimo 4 bottegai tutti con ubicazione Via Etnea. Se ben ricordate, procedendo su Via Etnea, all’altezza di Vico Lombardo, c’era il bar Torrisi. Diciamocela francamente, come bar non era stato mai un granché in quanto era vecchiotto, “scurusu” e male arredato con clientela poca e poco affezionata.. Aveva però una vetrina su Via Etnea, in cui da bambini ci soffermavamo a guardare i dolciumi pasquali e natalizi che sovente, venivano qui esposti. Anche in questo caso, la vetrina non era né attraente per gli avventori, né sistemata in maniera tale che, come si dice in questi casi, venisse l’acquolina in bocca, ma tant’è..,perlomeno era una forma di primitiva pubblicità .

Il pezzo forte del bar Torrisi era gli iris enormi al cioccolato ed i cannoli. La vendita primaria settimanale si concentrava soprattutto di domenica, laddove la famiglia Torrisi concentrava i suoi sforzi.  E ci fu un periodo di grande splendore economico per il bar che addirittura prendeva le prenotazioni per i dolciumi, vista la grande richiesta. Padre e figlio lavoravano nel retrobottega e si occupavano della lavorazione dolciaria vera e propria, mentre la madre che restava al bancone, era destinata al confezionamento ed alla vendita. Ci è vivo il ricordo della signora, che era di corporatura robusta e prosperosa, capelli bianchissimi  e vaporosi, voce abbastanza stridula e roca e con un gran grembiulone che le cingeva la vita, segno distintivo di allora di una brava massaia mascaluciota. Il padre era un signore occhialuto, molto miope e pelato che quasi mai si vedeva se non raramente, nelle sue sporadiche apparizioni in cui portava grandi vassoi di legno di cannoli ripieni al banco. Il figlio lo si notava di più’, in quanto gestiva l’attiguo bancone bar in cui si servivano principalmente caffè e liquori. Immagini antiche di una genuinità tutta paesana.

Proseguendo per Via Etnea, adiacente la Chiesa Madre c’era il mitico Bar Caruso. L’ideale location del bar e la grande affabilità dei proprietari, ne fecero in breve tempo, un luogo cult di Mascalucia. Frequentato dalla Mascalucia-bene e facoltosa, ma non disdegnato dal popolino, il Bar Caruso si distingueva soprattutto per gli squisiti dolciumi e per le straordinarie paste di mandorla. Anche la produzione di pasta reale era veramente imponente ed esteticamente un solluchero per la vista. Gestito da don Pippinu “u cosaduciaru”,vero deus-ex machina del bar, lo stesso veniva collaborato dalle due figlie. Una più carina, e mai scelta fu più opportuna, ai fini del puro marketing commerciale, serviva al banco bar, l’altra meno attraente (e non c’è ne voglia alcuno!!),veniva adibita a compiti di lavorazione nel retrobottega.

Il bar Caruso è il primo esempio mascalucioto di bar dello Sport .Attiguo infatti alla sala principale c’era una stanza più grande dov’era collocato “altissimo” e su di una mensola in legno , un televisore in bianco e nero che serviva agli appassionati per poter vedere le partite di calcio e scambiarsi i reciproci sfottò. Nel bar infatti, era possibile giocare le tanto famigerate ma romantiche schedine. Soprattutto le domeniche e nelle ricorrenze più importanti del paese, in primis il Carnevale che una volta a Mascalucia era alla stessa stregua delle feste religiose più importanti, il bar era frequentatissimo e luogo di raduno di tutti gli sfaccendati ed avventori della comunità, i quali erano soliti prendere il liquorino, degustare  il panzerotto, sedere ai tavolini del bar solo per godersi la frescura e/o scambiare quattro chiacchiere con gli amici. Insomma intorno al bar Caruso c’era sempre un gran fermento, indice di bontà qualitativa ,ma anche di efficace luogo aggregativo.

Ma di certo, la dolceria più romantica, fashion, e con quel vago gusto di retro’ ed antico era certamente il bar di ..Tarisinu. Non ci è dato sapere cosa effettivamente significhi  il nomignolo “Tarisinu”  “Teresinu” o le varie storpiature con le quali veniva subito identificato. Forse una provenienza natale dal paese di Santa Teresa a Riva. Ma al di là delle congetture sul nomignolo dei proprietari, il bar godeva di una luce propria vividissima, grande popolarità e soprattutto generale apprezzamento da parte di tutti i mascalucioti. Ubicato proprio di fronte alla vecchia “sucità”,sede della locale Democrazia Cristiana, “Tarisinu” ( ma per gli amici era il sig.Vito) e sorelle erano tre belle persone ed  avevano un sorriso sempre stampato sul volto che incorniciava sempre i loro tre bei faccioni, corredati tutti da un naso importante e godereccio .Era questa loro naturale simpatia ed il farsi voler bene da tutti che li rendeva, unitamente ai loro dolciumi, veramente speciali. Tutto quello che Tarisinu produceva era ottimo, di altissima qualità e …memorabile. Dai gelati che frullavano nel mantecatore a colonna, alle paste buonissime di cui si è oggi perso l’antico sapore, dai cannoli con scorza dura venduti a vagonate  ai pesciolini di zucchero colorato per bambini, dall’anice in bottiglia alle liquirizie ed alle caramelle al sapor di carrubba. E perché non citare anche le “momme” ,caramelle morbide che duravano  in bocca solo qualche secondo e le palline multicolor di gomma “amiricana” con i quali il “chewin” te lo portavi dietro un’ intera giornata? Oppure ancora i “cannellini”,antesignani dei moderni digestivi?

Il locale era piccolo e ben distribuito. Nella saletta principale c’era il bar e la dolceria (da notare che non scriviamo pasticceria, perché la dolceria è qualcosa di qualitativamente più eccelso),mentre nella saletta vicina ,c’era una sorta di drogheria con tutte le “nefandezze” alimentari tanto buone, tutte ordinatissime e messe in bella mostra in recipienti di vetro con allegato coperchio. “Mi dà 5 lire di pesciolini?” . Ecco la sorella più anziana che insaccava con un piccolo utensile da banco, una moderata quantità di caramelline a forma di pesce, in un quadratino di carta che poi ti consegnava, dopo averlo incartato con grande maestrìa e perizia. Che bello!

Oggi il bar non c’è più ed il sig.Vito ci ha lasciati qualche tempo fa. Ma è vivissimo in tutti, il bel ricordo di tante sere estive ,trascorse passeggiando per Via Etnea per poi concludersi con il dolcetto di Tarisinu. Non lo ringrazieremo mai abbastanza per avere allietato le nostre vite,con questi eccezionali momenti di bontà.

G.R.

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