Cultura - Aprile 2, 2021
La Chiesa dei SS. Filippo e Giacomo, vulgo del SS.mo Crocifisso ai Marretti.
Dopo anni di ricerche storiche, presso l'Archivio di Stato di Catania, il Dr. Domenico Aiello, pubblica un interessante libro sulla storia di Mascalucia ed è da lì che traggo le informazioni su questa antica chiesa.
Di Francesca Calí

Era consuetudine, ogni venerdì di Quaresima, nelle prime ore del pomeriggio, recarsi in processione verso la Chiesa del SS.mo Crocifisso recitando, tra i versetti del Rosario, questa preghiera:
“Santissimu Crucifissu, semu vinuti innanzi a Vui, pi lu sangu ca spargistuvu pi nui. Siti corpu Sacratissimu, siti figghiu di Maria, pirdunatemi i piccati, e salvati l’arma mia”, oppure “Santissimu Crucifissu, ca di venniri muristuvu, di venniri a vinti n’ura pi na povira piccatura. Cincu piaghi, cincu rosi, lu Signuti accussì vosi. O Signuri pirchì piccai …? me Domini, miserere mei”.
Dopo anni di ricerche storiche, presso l’Archivio di Stato di Catania, il Dr. Domenico Aiello, pubblica un interessante libro sulla storia di Mascalucia ed è da lì che traggo le informazioni su questa antica chiesa.
Le sue origini sono incerte ma di certo molto antiche e, nel paese, la sua importanza era seconda solo alla chiesa Madre, oggi Santuario Madonna della Consolazione. Lo fa pensare la decisione presa durante la visita pastorale del 19 novembre 1588 da Mons. Fabrizio Mondosio Romano. Egli, avendo trovato il fonte battesimale nella chiesa Madre in pessime condizioni, ordinò che, finché si provvedesse ad un nuovo fonte, i battesimi si dovevano amministrare nella chiesa dei SS. Filippo e Giacomo. Che la chiesa fosse titolata ai due santi apostoli lo specificano le parole incise nel rivestimento lavico angolare destro del prospetto: “ECCLESIA/SS./PHI ET IACOBI”. La chiesa si trovava al centro del quartiere Marletti (oggi Marretti) adiacente ai quartieri Lombardoti e Fallachi che furono sepolti dalla grande eruzione del 1669.

Ci pensò, poi, il terremoto del 1693 a distruggere anche il quartiere dei Marletti e a provocare crolli nella chiesa della borgata che nel giro di poco tempo si ritrovò fuori dal centro abitato.
Dai libri contabili della chiesa, si evince che ogni anno venivano spese somme considerevoli per la festa dei Santi Filippo e Giacomo e per il Corpus Domini, soprattutto nell’ultimo trentennio del 1700.
Infatti, nel 1773 si trova annotata la commissione all’artista Gaspare Giudice di una nuova tela per l’Altare che ritraesse i Santi nei loro lineamenti. Tale tela, benché usurata dal tempo, esiste ancora.
La denominazione, poi, di SS. Crocifisso si deve ai Gesuiti che in tutta la Sicilia hanno divulgato questo culto. Oggi la chiesa si trova nell’omonima via nel quartiere Marretti, rimasta in totale abbandono per molti anni. I tre altari sono spogli e alquanto dimessi, gli arredi ormai inesistenti. L’Altare maggiore in legno, distanziato dal muro quanto bastava per creare uno spazio dove il sacerdote officiante potesse indossare i paramenti sacri(non ci sono locali che servissero da sagrestia), è privo di alcuna immagine sacra.
Quasi evanescenti le figure che fiancheggiano la statua del Cristo in Croce, che raffigurano la Vergine Maria e San Giovanni, alla cui base è ben visibile la raffigurazione di una monumentale basilica, opera certamente di fantasia. L’opera è attribuibile alla mano di un’artista locale, forse Giuseppe Mancuso, che nel corso del ‘700 operò nella zona etnea e soprattutto a Mascalucia, dove veniva chiamato per eseguire lavori non solo di pittura.

Nel 2020 è stata in parte ristrutturata dal sacerdote reggente Don Paolo Riccioli con lo scopo di restituirla ai mascaluciesi.









Fonte Domenico Aiello “Per la storia di Mascalucia”
Foto di Maria Regina Betti, ne è vietata la riproduzione.
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