Approfondimenti - Aprile 24, 2021
Rosario Livatino, il primo magistrato beato
Il 9 maggio 2021 è la data scelta per la beatificazione del "giudice ragazzino", Rosario Livatino morto per mano mafiosa il 21 settembre 1990 ad Agrigento: aveva solo 37 anni.
Di Francesca Calí

Il 9 maggio 2021 è la data scelta per la beatificazione del “giudice ragazzino”, Rosario Livatino morto per mano mafiosa il 21 settembre 1990 ad Agrigento: aveva solo 37 anni.
“Giudice ragazzino”. Così l’aveva ingenerosamente battezzato l’ex Presidente della Repubblica, Cossiga che dichiarò: “Possiamo continuare con questo tabù, che poi significa che ogni ragazzino che ha vinto il concorso ritiene di dover esercitare l’azione penale a diritto e a rovescio, come gli pare e gli piace, senza rispondere a nessuno? Non è possibile che si creda che un ragazzino, solo perché ha fatto il concorso di diritto romano, sia in grado di condurre indagini complesse contro la mafia e il traffico di droga. Questa è un’autentica sciocchezza! A questo ragazzino io non gli affiderei nemmeno l’amministrazione di una casa terrena, come si dice in Sardegna, una casa a un piano con una sola finestra, che è anche la porta”. Un’affermazione indegna che fece molto scalpore e che confermò il coinvolgimento dello Stato negli omicidi mafiosi.
Le cause della morte di Livatino vanno quindi ricercate nella tangentopoli che verrà poi scoperchiata nella valle dei templi e nell’isola siciliana, dopo le stragi di Capaci e Via D’Amelio, in cui perirono Falcone e Borsellino.
La scelta del 9 maggio non è affatto causale e vuole ricordare il giorno della visita pastorale di Papa Giovanni Paolo II ad Agrigento, nel 1993, tre anni dopo la sua morte. In quell’occasione, raccontò della grande fede di Rosario descrivendolo come giovane “impegnato nell’Azione Cattolica, assiduo all’Eucaristia domenicale, discepolo fedele del Crocifisso. E’ attestato il suo impegno affinché, nell’aula delle udienze, in tribunale, ci fosse un crocifisso. Ogni mattina, prima di entrare in tribunale, andava a pregare nella vicina chiesa di San Giuseppe.”
Rosario Livatino è nato a Canicattì il 3 ottobre 1952, dal papà Vincenzo, laureato in legge e pensionato dell’esattoria comunale, e dalla mamma Rosalia Corbo. Rosario conseguì la laurea in Giurisprudenza all’Università di Palermo il 9 luglio 1975 a 22 anni col massimo dei voti e la lode. Partecipa con successo al concorso in magistratura e superatolo lavora a Caltanissetta quale uditore giudiziario passando poi al Tribunale di Agrigento, dove per un decennio, dal 29 settembre ’79 al 20 agosto ’89, come Sostituto Procuratore della Repubblica, si occupò delle più delicate indagini antimafia, di criminalità comune ma anche (nell’85) di quella che poi negli anni ’90 sarebbe scoppiata come la “Tangentopoli siciliana”. Fu proprio Rosario Livatino, assieme ad altri colleghi, ad interrogare per primo un ministro dello Stato.
Livatino dichiarò: “Cristo non ha mai detto che soprattutto bisogna essere ‘giusti’, anche se in molteplici occasioni ha esaltato la virtù della giustizia. Egli ha, invece, elevato il comandamento della carità a norma obbligatoria di condotta perché è proprio questo salto di qualità che connota il cristiano. Il compito del magistrato è quello di decidere. Orbene, decidere è scegliere e, a volte, tra numerose cose o strade o soluzioni. E scegliere è una delle cose più difficili che l’uomo sia chiamato a fare. Ed è proprio in questo scegliere per decidere, decidere per ordinare, che il magistrato credente può trovare un rapporto con Dio. Un rapporto diretto, perché il rendere giustizia è realizzazione di sé, è preghiera, è dedizione di sé a Dio. Un rapporto indiretto per il tramite dell’amore verso la persona giudicata”.
La prova del martirio “in odium fidei” del giovane giudice siciliano, secondo fonti vicine alla causa, è arrivata anche grazie alle dichiarazioni rese da uno dei quattro mandanti dell’omicidio, che ha testimoniato durante la seconda fase del processo di beatificazione (portata avanti dall’arcivescovo di Catanzaro, monsignor Vincenzo Bertolone, agrigentino e Postulatore della causa) e grazie alle quali è emerso che chi ordinò quel delitto conosceva quanto Livatino fosse retto, giusto e attaccato alla fede e che per questo motivo, non poteva essere un interlocutore della criminalità. Andava quindi ucciso.
Papa Francesco ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il decreto che ne riconosce il martirio. Si tratta del primo magistrato beato nella storia della Chiesa.
Fonti: Avvocati Senza Frontiere, Wikipedia, Centro Studi Livatino.
Immagine di copertina Primavera Missionaria
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