Cultura - Giugno 18, 2020
San Vito ci guarda dalla soglia di casa
Quest’anno Vito non esce, si limita a guardarci dalla soglia di casa. Non lo fa per timidezza. Non è offeso con la sua gente, ma resta a casa e si affaccia sul sagrato della Chiesa che porta il suo stesso nome. Sedie vuote lo attendono già fin dalle prime ore del mattino, una lontana dall’altra. […]
Di Regina Betti

Quest’anno Vito non esce, si limita a guardarci dalla soglia di casa. Non lo fa per timidezza. Non è offeso con la sua gente, ma resta a casa e si affaccia sul sagrato della Chiesa che porta il suo stesso nome. Sedie vuote lo attendono già fin dalle prime ore del mattino, una lontana dall’altra. Le luci del sole cominciano a scaldare quei posti a sedere e preannunciano una calda giornata di giugno che si concluderà con un leggero vento serale.
Tutto questo silenzio anticipa ai mascalucioti un San Vito diverso dagli altri anni. Sono tante le cose da chiedere al giovane martire, ma, dunque, da dove iniziare? I fedeli hanno atteso la sua uscita per un anno intero e molte famiglie si sono rivolte a lui negli ultimi tre mesi per chiedere la propria salvezza o quella dei loro congiunti, termine tecnico che ha messo sullo stesso piano qualunque rapporto familiare; zie, nonni, fidanzati, cugini.
Il popolo mascalucioto, timido, preoccupato e ancora diffidente, comincia ad arrivare e a prendere posto. Confusione sul da farsi, ci si chiede da dove passare, ma i ragazzi della Croce Rossa assieme ad alcuni volontari fanno da bussola. Recinti, nastro segnaletico e barriere di sicurezza stradali che dividono la gente: non si era mai visto nulla di tutto ciò a Mascalucia, che prima di allora erano stati usati solo per bloccare il traffico dei veicoli. Fila ad uno ad uno per misurare la temperatura corporea, il mascalucioto abbassa il capo come una penitenza e si lascia sparare sulla fronte il laser del termometro. Qualcuno chiede “A quant’è a frevi?” e ci si scherza su.
Il pensiero, inevitabilmente, va alle 8 vittime di Covid-19, tutti membri attivi della piccola comunità parrocchiale. È come se avessimo perso un fratello e nel frattempo ci si guarda accanto, pensando che tra una sedia e l’altra, tra quel metro di distanza, doveva starci proprio quel fratello. E anche se la notizia uscirà a fine della messa, proprio in quelle ore un altro fratello si sta spegnendo: è il turno di Pietro Galeano, devotissimo di San Vito, che manco a farlo apposta viene chiamato in cielo il giorno di massima devozione del suo Santo.
L’attesa è finita, le porte si aprono lentamente e il piccolo Vito si siede sulla soglia di casa. Le lacrime scendono e bagnano le mascherine che coprono parzialmente il volto. Si sventolano i fazzoletti, si recita il canto di San Vito, si accoglie ancora una volta questa giovane creatura che rappresenta la fede cristiana dei mascalucioti come se fosse la prima volta. Questa è la magia che assapora chi è rimasto tra i vivi e che porta nel cuore un lutto pesante, con la promessa fatta a noi stessi che impareremo a conviverci e che ne trarremo spunto nel futuro imminente.
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