Approfondimenti - Aprile 19, 2021
Storia del Rifugio Sapienza
Il “Rifugio Sapienza” è molto conosciuto non solo da noi abitanti della zona etnea, ma anche da tantissimi turisti che ogni anno vengono a visitare il nostro vulcano. Ma non tutti conoscono l’origine della denominazione “Sapienza”, attribuita al rifugio che si trova nel piazzale al termine della Strada provinciale N. 92 (la cosiddetta Nicolosi-Etna), né […]
Di mascaluciadoc@virgilio.it

Il “Rifugio Sapienza” è molto conosciuto non solo da noi abitanti della zona etnea, ma anche da tantissimi turisti che ogni anno vengono a visitare il nostro vulcano. Ma non tutti conoscono l’origine della denominazione “Sapienza”, attribuita al rifugio che si trova nel piazzale al termine della Strada provinciale N. 92 (la cosiddetta Nicolosi-Etna), né sanno come la struttura si sia evoluta nel tempo.
Il nome del celebre rifugio che sorge nella zona turistica del versante sud dell’Etna (oggi denominata “Nicolosi Nord”, a 1910 metri sul livello del mare) deriva da Giovannino Sapienza, un socio del Club Alpino Italiano perito nel corso della seconda guerra mondiale; alla sua memoria è infatti dedicato il rifugio, storico punto di riferimento per escursionisti e turisti di questo versante della nostra “Muntagna”. Il fratello di Giovannino si era distinto per generosità nell’elargire un cospicuo contributo economico per sostenere i costi dei lavori di restauro e sistemazione di quella che era la cosiddetta “Capanna Montagnola”, realizzata dalla Milizia Volontaria del regime fascista.
Inizialmente era l’unica costruzione, oltre alla Casa Cantoniera e al Ristorante Corsaro, in quella zona: non esistevano ancora né la Funivia, né tutte le strutture che successivamente sono sorte. Inaugurato nel dicembre del 1947, consisteva in un edificio a due piani ed era localizzato nella zona su cui oggi insiste la parte occidentale dell’attuale rifugio, alla sinistra cioè della parete su cui campeggia la sigla CAI. La sera dell’11 aprile del 1983, si temette il peggio per la sorte del “Sapienza” a causa di un eruzione dell’Etna iniziata la mattina del 27 marzo e che durò ben 131 giorni. All’approssimarsi della colata lavica il rifugio era stato svuotato di tutto ciò che era asportabile: il suo destino sembrava ormai segnato. Un braccio di lava, infatti, raggiunse l’edifico e si appoggiò alla struttura nella sua parete settentrionale. Qualche masso penetrò anche, attraverso le finestre, nei locali delle cucine. Fortunatamente la colata trovò più facile scorrere lungo la parete orientale, raggiungendo comunque l’altezza del primo piano e fermandosi poco dopo nel piazzale antistante all’edificio.
La struttura resistette alla pressione del flusso e così, alla fine dell’eruzione, poté essere liberata dai massi lavici che l’avevano attorniata. Oggi, restaurato e rinnovato, il rifugio è divenuto un punto di riferimento sia per gli escursionisti che si accingono a salire sul vulcano sia per i gitanti che trovano un luogo accogliente di sosta e di ristoro. – Le informazioni e le foto riportate sono tratte da un articolo di Santo Scalia.


Anna Bellamacina
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