Storia - Agosto 10, 2019

STORIE MASCALUCIOTE: Turi Pamminedda

Voglio raccontarvi una breve storia vera ambientata negli anni ’30 a Mascalucia e che vede protagonisti dei bambini che oggi non calpestano più questa terra. Il racconto è interamente tratto dal romanzo di Orazio e Agata Corsaro “Nei ricordi di un vecchio”. Orazio ci narra: “Era il  1932, si celebrava, come ogni anno, il primo […]
Di Francesca Calí

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Voglio raccontarvi una breve storia vera ambientata negli anni ’30 a Mascalucia e che vede protagonisti dei bambini che oggi non calpestano più questa terra.

Il racconto è interamente tratto dal romanzo di Orazio e Agata Corsaro “Nei ricordi di un vecchio”. Orazio ci narra:

“Era il  1932, si celebrava, come ogni anno, il primo sabato di maggio in onore della madonna della Sciara e, nella chiesa di Mompilieri, i pellegrini affluivano da tutti i paesi.

Allora frequentavo la quinta elementare; il direttore, per permettere anche ai ragazzini in età scolare di prendere parte alla festa, ci concedeva una giornata di vacanza. A quei tempi la strada che da Mascalucia portava a Mompilieri era una trazzera percorribile a piedi, ma anche con carretti e carrozze trainati da quadrupedi. Io, insieme con i miei compagni di classe Silvestro Consoli, detto Testa di Quagghia, Vito Lombardo dei Figghitti, Salvatore Rapisarda, soprannominato Pamminedda, e Pietro Clarenza, Occhiodòva, ci demmo appuntamento per quel sabato di festa alle sei di mattina ‘n punta o’ balatatu, vicino l’abitazione d’u Capitano Rassu. 

Giunti alla chiesetta di Mompilieri, ai piedi della statua della Madonna, recitammo qualche preghiera; quindi scendemmo nel sotterraneo per visitare la vecchia chiesa distrutta dall’eruzione del 1669, dove era stata trovata la statua della Madonna ancora intatta, poi ci recammo nella casetta dentro la quale era vissuto il frate eremita. Quell’abitazione aveva più le sembianze di una grotta che di una casa, ed era in pessime condizioni. Infine, affamati e stanchi per il tanto camminare, andammo a riposare sopra un ampio masso per consumare quella misera colazione che le nostre mamme ci avevano preparato.

Nel pomeriggio, giunta ormai l’ora di ritornare a casa, ci incamminammo verso Mascalucia; strada facendo, ci colpirono i bei cespugli di fiori di ginestra sparsi ovunque: quella grigia e arida sciara, che si estendeva in tutta l’area a nord del paese, con l’arrivo della primavera era diventata un’esplosione di giallo, e l’aria circostante era tutta inondata dal dolce odore di quei fiori dalle robuste radici! Decidemmo di raccogliere un mazzo a testa di fiori di ginestra con l’intendo di regalarlo alle nostre mamme, poi proseguimmo il nostro cammino verso casa. Giunti a Massannunziata, raggiungemmo una bella comitiva che proveniva come noi da Mompilieri e che si dirigeva a Mascalucia. Nel gruppo di fedeli, riconobbi Vito Tomarchio detto Don Vitu d’ù gnù Saru, fabbro ferraio, allora componente della banda musicale di Mascalucia e futuro capo banda.

Fra il gruppo di persone che stavano con lui, c’erano due bambine, le sue figliole. nel vedere noi ragazzi con in mano il bel mazzo di ginestre, una delle sue figlie si rivolse al padre dicendo che voleva anche lei quei bei fiori gialli; Vito Tomarchio, volendo accontentare le richieste della figliola, gentilmente, ci chiese se potevamo regalarle un po’ dei nostri fiori. Prontamente, Turi Pamminedda le donò tutto il suo mazzo…

Il tempo passò e, ormai diventato adulto, Turi Pamminedda lasciò Mascalucia per arruolarsi nei carabinieri, mentre noi altri quattro compagni di scuola, tutti della classe del ’22, con lo scoppio della seconda guerra mondiale, fummo chiamati alle armi.

Una volta conclusa la guerra, io e Pietro Chiarenza ritornammo a casa, mentre, purtroppo, Silvestro Consoli e Vito Lombardo, come ho già detto altrove, non fecero mai più ritorno: entrambi ebbero la sfortuna di andare a finire in Russia e lì perdere la vita. Dopo la guerra, Turi Pamminedda, tornando di tanto in tanto in licenza a Mascalucia, si fidanzò e poi si sposò, sapete con chi? Con la figlia di Vito Tomarchio, proprio con quella bambina alla quale circa diciotto anni prima aveva donato i suoi fiori. Una volta sposato, Turi Pamminedda si stabili a Termini Imerese, dove vive tutt’ora, ormai ultraottantenne, con al sua sposa, la figlia di Vitu d’ù gnù Saru.”

Il romanzo dei Corsaro è stato finito di stampare nel 2008 e all’epoca, Turi Pamminedda ossia Salvatore Rapisarda di Vito Rapisarda, era ancora tra noi anche se molto anziano. Purtroppo, oggi non abbiamo sue notizie.

 

 

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