Satira - Dicembre 13, 2021

Cronache di Mascalcìa/7 : I Promessi Sposi.

Ad illo tempore, Re Enzù decise di controllare personalmente lo stato di benessere dei sudditi del proprio Reame. Convocò indi il fido scudiero Capuozzello intimandogli di sellare il suo destriero bianco Giardineo, famoso per la sua folta e fluente criniera. Il cavallo era un magnifico animale di razza andalusa che il RE aveva acquistato nella […]
Di mascaluciadoc@virgilio.it

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Ad illo tempore, Re Enzù decise di controllare personalmente lo stato di benessere dei sudditi del proprio Reame.

Convocò indi il fido scudiero Capuozzello intimandogli di sellare il suo destriero bianco Giardineo, famoso per la sua folta e fluente criniera.

Il cavallo era un magnifico animale di razza andalusa che il RE aveva acquistato nella regione degli Ottomani , laddove la bestia si trovava per rinfoltire il proprio pelo, sverminandolo da parassiti ed animali di gebbia che lo affliggevano e che gli procuravano non poche ed intime sofferenze.

Era il luglio del 1120, allorquando Re Enzù cavalcava a larghe falcate lungo gli impervi sentieri del suo Reame.

Era una giornata afosa e Re Enzù pensò di abbeverare l’animale e dissetarsi presso il torrente della Contrada Calvario, un zampillante fiumiciattolo acquoso che sorgeva naturalmente dal sottosuolo da tempo immemore.

Quando arrivò in loco, Re Enzù si accorse di non essere solo.

Stava sul greto del fiume, una leggiadra pulzella che lavava or dunque le proprie masserizie domestiche.

Aveva viso gentile e raffinati lineamenti ed il suo abbigliamento procace lasciava intravedere forme paradisiache.

Il Re la riconobbe immediatamente e la salutò con fare fermo, ma altezzoso.

“Ti saluto, o pulzella Concettina Lucia d’Orleans, tu che fosti mia strenua avversaria nella corsa al Reame. Ti omaggio orsù della mia presenza”.

La fanciulla si ritrasse impaurita di fronte a cotanta presenza ed abbassando lo sguardo, arrossì leggermente.

“Ti saluto, o mio Re, qual buon vento ti porta su queste lande disgraziate laddove solo Lanzichenecchi e Saraceni battono il territorio, imponendo illegali gabelle sotto la minaccia di violenze?”

“Mi stupisce alquanto ciò di cui mi parli”, rispose uno stupefatto Re Enzù, “nel mio Reame giammai sono esistite forme di sopraffazione qual tu mi dici”.

“O mio ingenuo Re”, aggiunse la bella pulzella “tale vessazione è in atto da tantissimi anni. Lo appresi dai racconti di mio padre, del padre di mio padre e del padre di mio padre di mio padre. Hanno sempre tiranneggiato il popolo ed i poveri artigiani del Reame. Il mio trisavolo mi raccontò che talvolta erano anche in combutta con i Grandissimi Figli dei Gran Feudatari e con qualche cortigiano infedele.”

Giardineo nitrì e scalpitò quasi in segno di approvazione.

“Ah qual fosca notizia, ah qual improvvida rivelazione, ah maledetti infedeli. Chiamerò immantinente il Capo delle Guardie Reali, il valoroso Zucca di Vitello affinché indaghi e metta a morte tali improbi uomini”.

“O mio ingenuo Re” disse la pulzella con dire di chi la sapeva lunga, “guardati dai tuoi sordidi e laidi servitori perché tra di loro s’annida l’inganno, il tradimento, la subdola bramosia di potere. Non ti curar di loro perché il male non potrà essere estirpato facilmente, ma sii accorto e lesto nel fare. Taglia teste, mozza mani , strappa le loro lingue, acceca i loro occhi, affinché costoro diventino inutili cadaveri erranti”.

“Ti ringrazio o pulzella di quanto appreso. Vedrai che saprò ben ricompensarti dei tuoi servigi.” disse un accigliato Re.

“Non onori né regalie mai volli, ma solo il tuo amore” rispose la pulzella.

E dopo essersi issata su un pietrone per raggiungere il viso del Re, appoggiò le sue labbra in quelle Reali, in un casto bacio.

Fu l’inizio di amore che ancor oggi fiorisce, che ha travalicato i tempi e che ha ispirato grandi e sommi poeti, cantori di incommensurabili nenie d’amore.

Ma la storia non finì li.

Ora sono afflitto, adagerò or dunque le mie stanche membra su un giaciglio pietoso ubicato nell’eremo freddo e gelido nel quale mi trovo, cercando i piaceri della mia scarna esistenza nei pochi tozzi di pane ed in qualche sorso di acqua pura calcarea che sgorga dalle sorgive del Reame.

Ora venga il Regno di Morfeo nelle cui forti braccia, adagerò il mio viso stanco.

Ite, sonno est.

L’Abate Pietà-.

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