Storie di Mascalucia - Settembre 5, 2020
Storie di Mascalucia : Padre Filippo Consoli : uno “strano prete” a Mascalucia
La storia di “Patri Affulippu” Consoli e della triste vicenda della sua morte sembra avere tutti i connotati della classica storia di paese, un po’ curiosa, un po’ esagerata, a metà tra il gossip ed il morboso. Una storia fatta di eredità, di presunte ed incestuose relazioni, di infedeltà, di nipoti e figli naturali che […]
Di Giuseppe Reina

La storia di “Patri Affulippu” Consoli e della triste vicenda della sua morte sembra avere tutti i connotati della classica storia di paese, un po’ curiosa, un po’ esagerata, a metà tra il gossip ed il morboso. Una storia fatta di eredità, di presunte ed incestuose relazioni, di infedeltà, di nipoti e figli naturali che spuntano fuori all’odor dei soldi, tanti soldi, miliardi di lire all’epoca.
Per chi ha conosciuto il “don 8 miliardi”, era invero un tipo alquanto strano per essere prete.
Vestiva come i prelati di una volta con tonaca talare e mantellina e portava sempre con sè un ombrello anche in piena estate. Qualcuno vociferava che soffrisse di “cleptomania”, vale a dire quell’irresistibile impulso a possedere un oggetto oppure un qualsiasi altro bene materiale a qualunque costo, anche a costo di rubarlo.
Giustappunto, l’ombrello gli serviva da contenitore per le sue ruberìe o meglio, trattandosi di un prete, per i suoi prelievi divini suggeriti dall’Alto. Tenendolo sempre chiuso, specie in estate laddove l’uso appariva sospetto, le merci prelevate venivano delicatamente fatte scivolare al suo interno. Pare fu beccato piu’ volte in flagranza di “divino prelievo”. Pare, non esiste certezza.
Fisicamente era un bell’uomo, alto, con occhi verdi molto profondi, di corporatura robusta, ottima cultura e con un superbo uso dell’eloquenza e dell’arte oratoria.
Leggendarie erano le omelie di “Patri Affulippu” così chiamato dal popolino, in particolare quella dedicata alla vita ed alle opere di Santa Rita, che il buon Filippo ogni anno,non modificando nemmeno una virgola nè l’espressione della mimica facciale, snocciolava come un film già visto e rivisto all’indirizzo della moltitudine di fedeli che, a bocca aperta e persino con qualche ingenua lacrimuccia, assistevano silenziosi ed affascinati dal fiume di retorica e di palpitante furore sacro che sgorgava dalla bocca del nostro buon Filippo.
Ma come tanti oratori pubblici, privati ed ecclesiastici, il proverbio “predica bene, ma razzola male” pareva adattarsi perfettamente al nostro Filippo il quale, a fronte di una irreprensibile vita pubblica sacerdotale, lasciava alquanto a desiderare nel privato.
Pare fosse ricchissimo, con tantissimi soldi, proprietà immobiliari ed agricole, tanti interessi economici. Non si sa da dove gli derivasse tutto questo “ben di Dio”, ma di certo non poteva definirsi il classico prete di campagna dedito alla povertà ed alla solidarietà con i piu’ poveri, seppur nell’aspetto pubblico , il suo look fosse alquanto dimesso.
Fu così che con l’avanzare dell’età, il buon prete che viveva da solo, ebbe bisogno di qualcuno che gli desse una mano negli anni piu’ tristi e solitari della sua vecchiaia. E prese con sè una coppia di badanti del Paese, marito e moglie.
Solo che la sua morte, giornalisticamente parlando, fu strumentalizzata con la stessa enfasi e retorica che era stata la carta vincente del buon Filippo.
All’apertura del testamento il “de cuius” distribuì i beni posseduti al 50% per cento tra il nipote e la coppia di badanti, marito e moglie, che lo avevano accudito per tanto tempo.
Piu’ d’uno in Paese ebbe qualche dubbio.
Apriti cielo. Il nipote , il piu’ dubbioso di tutti, cominciò a nutrire sospetti sulla morte dello zio prete, avvenuta in circostanze pare misteriose e repentine, tanto da chiedere una riesumazione della salma per verificare se lo zio fosse stato oggetto di avvelenamento.
Ma la storia non finisce qui.
Nel bel mezzo della querelle, spuntò anche un figlio “naturale” del prete che evidentemente qualche traccia spermatozoica di sè l’aveva lasciata in giro, il quale chiese a gran voce la prova del DNA per provare il legame diretto con il presunto “padre e prete” e quindi avanzare i propri diritti sulla spartizione del patrimonio.
Abbiamo trovato, dopo alcune ricerche mirate, alcuni articoli sul caso che ebbe molta eco in quel periodo (correva l’anno 1994, ma non ci metterei la mano sul fuoco!)
E’ proprio vero “pecunia non olet”, anzi ha un buon profumo.
Giuseppe Reina (Redazione Mascalucia Doc)
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